Il porto di Gioia Tauro č attivo da quindici anni, doveva essere il ponte italiano sul Mediterraneo, una via privilegiata per i commerci tra nord e sud del romano mare nostrum.
Invece sta vivendo una durissima crisi, tra infiltrazioni della criminalitŕ organizzata che lo usa per i suoi traffici illeciti e continua emorragia delle compagnie di navigazione private.
Il clou č stato raggiunto negli scorsi giorni con soltanto
una nave mercantile arrivata in tutta la giornata e i lavoratori sostanzialmente disoccupati.
L’ampliamento del porto di Gioia Tauro era stata una forte scommessa che ha richiesto grande dispendio di fondi pubblici: oggi puň accogliere anche le navi piů grandi del mondo, come il poderoso mercantile Daniela che puň vantare 165.000 tonnellate di stazza.
Altri e piů economici porti del sud del Mediterraneo accolgono le merci: Tangeri e Porto Said sono diventati in breve tempo l’equivalente di quello che Barcellona e Genova sono nella parte nord del Mediterraneo.
Il porto a Gioia Tauro sconta infrastrutture stradali e ferroviarie non proprio da primato e paga una posizione un po’ a metŕ strada tra le tratte principali dirette a Suez.
Trenta ore per 1200 lavoratori pressoché inutilizzati.
In soli due anni, dall’anno record 2008, il volume delle merci movimentato č drasticamente sceso.
Gioia Tauro ha una posizione periferica anche rispetto alle cittŕ maggiori della Calabria e nello scalo attualmente opera solo la compagnia svizzera Msc e questo le permette un regime di sostanziale monopolio, cosa che non giova ovviamente all’ingresso di altri operatori.
A questo si somma ad un costo del personale certamente piů alto di quanto possono offrire i porti del Nord Africa ad esempio.
La compagnia danese Maersk, prima al mondo nel settore, ha poi sostanzialmente abbandonato lo scalo, pur essendo uno degli azionisti del porto.