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Esteri: il giro del mondo in tremila battute

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CAT_IMG Posted on 22/7/2011, 21:30     +1   -1
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Patrizio Masini

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Amnesty International: nuove restrizioni ai diritti umani in Arabia Saudita. Detenzione prolungata senza processo, restrizioni alla possibilitŕ di accedere alla tutela legale e un maggior ricorso alla pena di morte: sono, in sintesi, i punti chiave della nuova legge anti-terrorismo che sta per essere varata in Arabia Saudita.

Le prime indiscrezioni sul contenuto della legge sono state diffuse dalla BBC, grazie a una documento classificato ottenuto da Amnesty International. L’associazione internazionale per i diritti umani ha affermato che simili misure finirebbero col soffocare anche la legittima protesta pacifica all’interno del Paese, anche se una fonte ufficiale saudita ha affermato che i provvedimenti citati non sono pensati contro i dissidenti politici, ma per colpire i terroristi.

Peccato che, nelle dittature e nei regimi autoritari (e la monarchia saudita non č certo un campione di democrazia) il concetto di terrorista tenda a diventare spesso molto vago e ad includere quasi tutti gli oppositori politici.

Infatti, la nuova legge propone un ampliamento della definizione del crimine di terrorismo comprendendo qualsiasi azione volta a “danneggiare la reputazione dello Stato” o a “mettere in pericolo l’unitŕ nazionale”. Con definizioni cosě vaghe, č forte il sospetto che chiunque manifesti il proprio dissenso contro il regime possa essere accusato di terrorismo.

Secondo Amnesty, inoltre, il documento declassificato contiene diverse misure in aperto contrasto con le leggi fondamentali saudite e, soprattutto, con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Tutto questo, non dimentichiamolo, va ad innestarsi su una situazione giŕ molto critica sul versante dei diritti umani, in un Paese in cui i partiti politici sono vietati e non č concessa la patente di guida alle donne.

Negli ultimi dieci anni la lotta al terrorismo internazionale e il ruolo (vero o presunto) di custodi contro l’islamismo radicale hanno fornito ai dittatori mediorientali formidabili pretesti per rafforzare il proprio potere, aumentare il controllo e la stretta repressiva sui propri cittadini e riscuotere l’appoggio o la non interferenza degli Stati Uniti e dei principali Paesi europei.

E’ un film che č finito (seppur cogliendo l’Occidente di sorpresa) in Tunisia, in Egitto e, forse, anche in Libia. Ma la primavera araba sembra ancora lontana in un Paese come l’Arabia saudita, che rappresenta il principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente nella cosiddetta “guerra al terrore”. Un alleato tanto prezioso che gli Usa non si sono sognati di muovere alcuna critica all’Arabia saudita nemmeno in occasione dell’invio invio di blindati in Bahrein lo scorso marzoper aiutare a reprimere le rivolte contro il regime locale.

Quello che vale per Ben Ali, Mubarak e Gheddafi sembra non valere per la monarchia saudita. I diritti umani non sono uguali dappertutto e, nei Paesi amici, sono meno uguali che da altre parti.
 
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